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Il Convento di Sant’Antonio di San Buono (Ch)

Informazioni storiche sul convento di Sant’Antonio di San Buono. Fondato nel 1500

 Tipologia: Strutture abitative con chiostro e cortile. Chiesa a navata unica con “navatella” laterale.

Ubicazione: Località Sant’Antonio, comune di San Buono (Ch)

Utilizzazione: Fruibile, chiesa regolarmente officiata. Le strutture abitative sono utilizzate per attività museali e sociali (vd. San Buono – scheda Museo).

Epoca di costruzione: 1500 oppure 1575 .

Stato di conservazione: Mediocre o cattivo stato di conservazione per l’intero complesso.

 

Descrizione del convento di Sant’Antonio di San Buono: L’ordine francescano, dopo i primi due secoli di espansione, non aveva esaurito “il proprio slancio vitale” e le crisi o i fermenti all’interno dell’Ordine tra la fine del XIV e gli inizi del XVI secolo, sono manifestazioni di vitalità di questo movimento, che portò alla nascita di una nuova famiglia francescana degli Osservanti.
Questa nuova famiglia si distingueva dalla prima per le modalità insediative e per le forme architettoniche dei nuovi edifici. Nel Vastese si ha la presenza degli Osservanti sin dalle origini con i conventi di: Sant’Onofrio di Monteodorisio in località Cantalupo (1420); Sant’Onofrio di Vasto (1440); San Bernardino da Siena sempre a Monteodorisio (1460), a seguito dell’abbandono di quello precedente perché ritenuto non adatto il luogo; Sant’Antonio da Padova di San Buono (1500 o 1575); Santa Maria del Monte Carmelo di Palmoli (1583) e San Donato di Celenza sul Trigno (1598).
I conventi di Monteodorisio e Vasto erano collocati fuori le mura della città e in questo caso abbastanza distanti, come dai programmi insediativi della nuova famiglia (l’unica eccezione in Abruzzo su oltre quaranta conventi è il San Bernardino de L’Aquila).
Al di là delle motivazioni spirituali, evangeliche, culturali ed economiche di questa scelta, a cui si rimanda in bibliografia per gli approfondimenti, si deve aggiungere che questi conventi si presentavano, almeno agli inizi del nuovo movimento come “organismi omogenei”. La chiesa presenta dimensioni ridotte, normalmente ad aula unica, non più distinta dalla fabbrica conventuale, la sua lunghezza corrisponde ad un lato del chiostro. Gli esempi di Vasto e Palmoli sembrano corrispondere a questi canoni (per quanto la facciata principale del convento di Palmoli presenta un rivestimento con intonaci e cornici cementizie di epoca moderna), le chiese conventuali di Celenza sul Trigno e San Buono si distinguono la prima per una facciata moderna, sebbene d’epoca, e la seconda per una facciata molto particolare, frutto della committenza della potente famiglia Caracciolo, dove si è di fronte ad una grande “tarsia marmorea” all’aperto (purtroppo molto danneggiata durante i restauri del 1992), ove si vedono una mediazione riuscita “tra toni colti; accenti popolareschi e influssi del meridione” (L. Bartolini Salimbeni, cfr. bibliografia).
L’unico caso in cui viene rispettato l’impianto ad aula unica si trova a Palmoli, negli altri casi di San Buono e Vasto sono presenti, verso il lato esterno, una serie di tre vani comunicanti tra loro, adibiti a cappelle che formano una navata minore. Il caso anomalo rispetto alle disposizioni francescane, è rappresentato dal San Donato di Celenza sul Trigno, con chiesa trinavata. Tutte le chiese avevano, dietro l’altare maggiore, il retrostante coro, purtroppo l’unico sopravvissuto è quello, probabilmente seicentesco, di Celenza (negli altri conventi i cori sono stati trasferiti, nel caso di Vasto, o sono stati dispersi).
Nei primi secoli la chiesa, come per la famiglia dell’ordine dei Conventuali, doveva avere la volta solo nell’area absidale, mentre la navata aveva il soffitto a capriate.
A Palmoli è presente una volta a crociera con costoloni e chiave di volta in pietra che, nonostante i rivestimenti barocchi, è simile alle volte dell’edilizia mendicante e dell’architettura cistercense, ma forse appartenente a un edificio di culto precedente dei secc. XIII-XIV.
Sulle pareti spesso si trovavano dipinti murali, affreschi votivi (come a Sant’Onofrio di Vasto sulle pareti superstiti dietro l’altare privilegiato) e altari in legno intagliato e scolpito (con eleganti finiture della superficie, a partire dal Cinquecento, come dorature, stuccature, lacche e policromie, come quelle del polittico di Celenza sul Trigno e del Sant’Onofrio di Vasto).
In epoca successiva tutte queste chiese furono rivestite di murature, pilastri, volte, intonaci e stucchi nel XVII secolo. (M. Ma.)

Note: il convento è sede dell’importante Museo per l’arte e l’archeologia del Vastese di San Buono.

Bibliografia:
– L. Bartolini Salimbeni, Architettura francescana in Abruzzo, dal XIII al XVIII secolo, Pescara-Chieti, 1993;
– P. Giacinto D’Agostino, San Francesco e i Francescani negli Abruzzi, III, Lanciano, 1927;
– F. Gonzaga, De origine seraphicae religionis, 1587, Provincia Sancti Angeli, (L’origine dell’Ordine Serafico, 1587, La provincia di Sant’Angelo), in Bollettino della Biblioteca, Santuario di San Matteo, Fasano di Brindisi, 1997;
– E. A. Paterno, Città e paesi d’Abruzzo e Molise, Pescara, 1963, pp. 142.
1Si è fatto riferimento a L. Bartolini Salimbeni, Architettura francescana in Abruzzo, dal XIII al XVIII secolo, Pescara-Chieti, 1993 per il suo valore di studio generale sul fenomeno insediativo regionale. In particolare dal cap. V, Censimento generale degli Insediamenti francescani in Abruzzo, sono stati attinti e riportati i dati relativi all’ epoca di fondazione, all’epoca delle modifiche o […] rifacimenti sostanziali e allo stato di conservazione.

Antologia:

F. Gonzaga, De origine seraphicae religionis, 1587, Provincia Sancti Angeli, (L’origine dell’Ordine Serafico, 1587, La provincia di Sant’Angelo), in Bollettino della Biblioteca, Santuario di San Matteo, Fasano di Brindisi, 1997, p. 79.

«È difficile parlare della grandezza dei meriti dell’illustrissimo Marino Caracciolo, Marchese di Bucchianico verso il nostro Ordine, per cui, anziché rischiare di mancare qualcosa, preferisco tacere.
Questo devotissimo personaggio nell’anno 1500 edificò per i frati questo convento dedicato a S. Antonio di Padova a mille passi dal villaggio di San Buono all’ingresso di un’amplissima selva, arredandolo di tutto il necessario e attingendo solo dalle ricchezze di famiglia.
Circondò gli otto frati che vi abitavano di ogni favore; anzi, per quanto gli fu possibile, sempre colmò tutti i frati di benefici di ogni genere.
In questo convento chiuse i suoi giorni frate Francesco da Oratino, dedito all’astinenza, il quale per la singolarità delle sue virtù e l’innocenza di vita fu molto stimato in vita e dopo la sua morte».

P. Giacinto D’Agostino, San Francesco e i Francescani negli Abruzzi, III, Lanciano, 1927, p. 253

«Siede San Buono a 520 metri di altezza sul livello del mare e a 32 chilometri da Vasto, in amena situazione, poco lungi dalla sponda sinistra del fiumicello Treste, affluente del Trigno, con parecchie belle case. NeI 1421 S. Buono fu feudo di Marino Caracciolo, duca di Castel di Sangro, il quale l’ebbe in dote da Maria di Sangro. Da essi derivò lo stipite della famiglia principesca di San Buono. Marino Caracciolo nutriva tanto amore verso la religione serafica che volle edificare un convento in San Buono per i religiosi dell’ Osservanza. Era l’anno 1500. Egli concedeva tutto il necessario ai frati, dimostrando in ogni cosa amore grandissimo, rispetto ossequioso verso la gente poverella, ma virtuosa (1).
Detto convento chiuso nel 1811, poté riaprirsi il 19 ottobre del 1818; ma di nuovo fu chiuso nella soppressione del 1866 (2) ».
(1) WAD., o. c., tom. XV, an. 1500, pag. 218
(2) P. CERVONE, o. c., pag. 244

E. A. Paterno, Città e paesi d’Abruzzo e Molise, Pescara, 1963, p. 142

«[…] Sotto monte Sorbo a circa due chilometri dal pae¬se sorge il Convento di S. Antonio assai vasto; più volte restaurato ed abbellito con la rispettiva Chiesa. Conserva quadri antichi e statue ed oggetti di valore artistico».Giovannantonio II fece costruire, sul versante sinistro del fiume Treste, il convento dedicato a Sant’Antonio da Padova per i frati francescani, che beneficò con favori e donazioni. Il Convento di Sant’Antonio, a circa 2 chilometri dal paese, sorge su uno dei posti più suggestivi del territorio di San Buono. Il 13 giugno, giorno in cui si festeggia il Santo, il convento è meta di numerosi pellegrini dell’entroterra e del Molise. Il Convento è stato iniziato nel 1575 da Giovannantonio II, e fu ultimato, con l’annessa Chiesa, dal figlio Marino IV, principe di San Buono. L’ampia chiesa, inizialmente in stile romanico-rinascimentale, fu trasformata in seguito in stile barocco ed ornata con stucchi e putti settecenteschi. Sul portale si legge “Regia sum Regis divini sub nomine Patavini” (Sono la reggia del Re divino sotto il nome del Padovano). La chiesa ha un’unica ed ampia navata, con un coretto sovrastato da un loggiato della medesima estensione, ripartita a destra in tre cappelle, dedicate a San Francesco, Sant’Antonio da Padova ed a San Diego. La cappella centrale, cuore del luogo sacro, accoglie la statua di Sant’Antonio da Padova, costruita nel 1762 da Paolo Di Zinno di Campobasso. Il santo è rappresentato con un abito da Frate minore, la statua è racchiusa in una spaziosa nicchia. L’altare maggiore conserva lo stile originale, con al centro un bel tabernacolo ornato di preziosi candelabri, alla sinistra San Bernardino da Siena ed alla destra San Giacomo della Marca. Dietro l’altare vi è il coro, dove non sono presenti scanni artistici, ed alla sua destra si apre l’ampia sacrestia. Sotto il pavimento vi sono le tombe della famiglia Carmenini, mentre sulla parete destra della cappella di San Diego c’è una lapide che chiude il sepolcro della giovane Diana Cerella, datato 1872. La chiesa è stata restaurata nel 1937, dopo l’acquisto da parte dei Frati Minori Osservanti a seguito di un’asta pubblica tenutasi nel 1936. Ancora oggi ne hanno la proprietà e vi amministrano il servizio divino. L’ingresso è sul lato sinistro della Chiesa e sopra il portale si legge “Porta haec lapidea ligneaque cum plaustri pavimento facta fuit anno 1750. Guardiano R.P.F. Bonaventura A.F.” . Nel pianterreno il convento ha un ampio corridoio, che si estende per tutta la lunghezza della Chiesa, delimitato dal portone d’ingresso e dal portone di uscita dalla parte opposta, adiacente ad un piazzale, che, fino all’ultimo restauro, aveva un tubo di ghisa che somministrava acqua potabile ai pellegrini e serviva di ingresso alle stalle. Alla metà del lato destro del corridoio si apre una porta d’ingresso al coro della Chiesa, mentre alla sinistra si susseguono due piccoli chiostri.

Le vicende storiche del Convento

Nel seicento il Convento di San Buono apparteneva alla provincia monastica di Sant’Angelo di Puglia. Nel settecento venne a far parte della provincia osservante di San Ferdinando nel Molise che contava ben 18 conventi. Grazie a questa nuova appartenenza, il Convento di San Buono fu designato come casa di formazione per allievi alla vita religiosa e sacerdotale. Nel seicento il Convento di San Buono apparteneva alla provincia monastica di Sant’Angelo di Puglia. Nel Settecento venne a far parte della provincia osservante di san Ferdinando nel Molise, In questo periodo furono eseguiti lavori per accrescere la capacità d’accoglienza e d’abbellimento dell’edificio conventuale, come risulta dall’iscrizione “Questa porta in pietra e legno con il pavimento del chiostro fu aperta A.D. 1750, essendo guardiano R. P. Bonaventura da Furci”. Le leggi eversive della Rivoluzione Francese colpirono anche il Convento di San Buono. Alla fine del mese di giugno del 1811, i religiosi furono costretti con la forza a lasciare il luogo sacro che, abbandonato dai frati, subì spogliazioni e vandalismi di ogni genere. I frati vi tornarono dopo 7 anni e ripresero la loro missione di elevazione religiosa e civile di quelle popolazioni. Con la legge del 7 luglio 1866, n. 3096, il Convento di Sant’Antonio fu soppresso, mentre, in base all’art. 18, la Chiesa rimaneva destinata al culto unitamente ai quadri, statue, mobili ed arredi sacri, che in essa vi si trovavano. Il Convento fu nuovamente chiuso e votato all’abbandono. L’assenza dei frati dal santuario antoniano si protrasse fino al 1937. Al loro ritorno si dovettero sottoporre a gravi sacrifici per riscattare e restaurare l’abitazione conventuale ed il santuario. Durante l’ultimo conflitto mondiale, il Convento di San Buono divenne un sicuro rifugio dei religiosi costretti a sfollare dagli altri conventi e di un gruppo di ragazzi aspiranti alla vita francescana. Nell’immediato dopoguerra (1950) fu operato un primo restauro da parte del Genio Civile. Purtroppo il restauro ha prodotto notevoli cambiamenti nella linea architettonica originaria. Nel 1987 la Comunità Montana Medio Vastese approvò un progetto di consolidamento e restauro dell’edificio, finalizzato al recuperaro dell’antico convento all’attività turistica del comprensorio, destinandolo ad ostello della gioventù. Successivamente il piano terra è stato trasformato a Centro Diurno, sale conferenze e deposito archeologico della Sovrintendenza, mentre il 1° piano è stato trasformato a museo per l’arte e l’archeologia del Vastese, nonché sede della omonima fondazione. I lavori di restauro della chiesa, l’altare monumentale, ricavato dal tronco di un olmo secolare, seccato da oltre un decennio e l’impegno dei frati, hanno reso più decorosa ed accogliente la casa di Dio. L’area circostante al convento rappresenta un vero gioiello della natura per le bellezze naturali ed incontaminate. Luogo di ritrovo di tante famiglie e visitatori desiderosi di ammirare l’immensa distesa boschiva percorsa da ruscelli e di assaporare la tranquillità gustando prodotti tradizionali nelle aree attrezzate.

Fonte: le informazioni sono state tratte da sito del comune di San Buono dal sito www.trignosinelloturismo.it/.