STORIA, UTILIZZI E CURIOSITA’ DEL PAPAVERO DEI CAMPI E DELLE 12 SPECIE DI PAPAVERO PRESENTI IN ITALIA
Il Papavero dei campi (Papaver rhoeas) detto anche Papavero comune o Rosolaccio è una pianta delle Papaveracee considerata infestante nei campi di cereali. Il nome popolare “rosolaccio”, infatti, sta a significare proprio “rosa dei campi”. I papaveri fino a pochi decenni fa erano comunissimi anche in aree ruderali, ai margini delle strade e sulle macerie.
La specie oggi è meno comune rispetto al passato per via del massiccio utilizzo di erbicidi in agricoltura. Infatti, quando osservate un verde campo di grano, in cui sono assenti i papaveri, è certo che il grano è stato trattato con erbicidi…
Il papavero è una pianta annuale, erbacea, alta sino a 60 cm, con fusto eretto, ramoso e setoloso, latticifero. Foglie inferiori pennatosette, con 23 denti per lato e lobo terminale più lungo, a contorno spatolato, le cauline a contorno triangolare con due lacinie basali patenti.
Il fiore ha un diametro di 5-7 cm, con 4 petali scarlatti, capsula subsferica, stimmi raggiati a forma di stella e stami non allargati, fiorisce in maggio-giugno e spesso anche in agosto e settembre.
Come riconoscere il Papavero dei campi. Anche i bambini sanno riconoscere il papavero quando è in fiore, inconfondibile per il rosso carminio che accende i campi e i bordi delle strade nel mese di maggio e giugno. Non è così facile, invece, riconoscere le giovani e tenere piantine adatte per il consumo. Infatti, solo queste possono essere consumate come verdura. Si raccolgono solitamente, agli inizi della Primavera. Occorre una buona dose di occhio ed esperienza, cosa scontata per le nostre nonne, ma non facile da riscontrare nelle giovani generazioni che spesso conducono una vita lontana dal mondo naturale.
Il papavero in cucina. I teneri germogli di papavero, raccolti all’inizio della Primavera, sono squisiti in insalata, conditi semplicemente con olio e limone. Il papavero è eccellente in misticanza insime ad altre erbe di campo spontanee, come ad esempio il crespigno (il famoso “cascigno”), la cicoria, il tarassaco, l’ortica ecc. Le foglie delle rosette basali, quando sono più mature, si usano cotte e condite come gli spinaci, miste alle bietole selvatiche o altre erbe spontanee. Quando cuciniamo queste erbe spontanee è bene utilizzare pochissimo sale. Meglio ovviare con le tantissime erbe aromariche che abbondano nella nostra meravigliosa natura mediterranea: timo, santoreggia, dragoncello, rosmarino, origano, maggiorana ecc. Le ricette che si possono realizzare con le giovani foglie di papavero sono: ripieni di tortelli e ravioli, risotti, saltati in padella con olio e peperoncino, zuppe, minestre, polenta, fritelle, sformati, tortini ecc
I petali freschi vengono usati per colorare sciroppi e bevande. Il Rosolaccio è blandamente sedativo e antispasmodico, se ne usano i petali e le capsule svuotate dei fiori per infusi e sciroppi utili a calmare la tosse, l’insonnia e l’eccitazione nervosa.
Etimologia. Il nome sembra derivi dal latino pappa o papa, per la consuetudine di unire i semi di papavero al cibo dei bambini allo scopo di facilitarne il sonno; tale infuso prendeva il nome di “papagna”, termine usato ancor oggi usato per indicare lo stato di sonnolenza.
In Abruzzo la specie è chiamata in molti nomi diversi, a seconda della località. Aurelio Manzi nella sua Flora popolare d’Abruzzo riferisce i seguenti nomi dialettali: papagne (Chieti), papàmbele (L’Aquila), papàmbre (Alto Vastese, Gessopalena, Pescasseroli ecc.), papavere, papivere, pèpelle, papaina, pepéule, pravaccine, pupélla, pupille, cingelacastra (Marsica), bellòneche, bionniche (Capistrello), maddame e altri.
Detti e proverbi abruzzesi: E’ gne nu papàmbre, di persona gracile (Finamore, 1893).
In Inglese la specie è chiamata corn poppy, corn rose, field poppy, flanders poppy, red poppy, red weed, coquelicot.
Storia. La dea romana delle messi, Cerere, è raffigurata con una ghirlanda di papaveri. Il termine “alti papaveri”, usato per indicare personaggi importanti, sembra derivare da un episodio del quale fu protagonista Tarquinio il Superbo, uno dei re di Roma proveniente dall’Etruria. Questi, per indicare al figlio Sesto il modo più idoneo per conquistare una città, che secondo lui era quello di uccidere gli uomini che rappresentavano le più alte cariche, con la spada recise con un solo colpo i fiori dei papaveri più alti, presenti nel campo che si trovava vicino al luogo dove conversavano.
Curiosità. Lo schiocco del petalo del fiore, posto sul pugno della mano e colpito con il palmo dell’altra mano era, nella tradizione popolare, una prova della fedeltà e dell’amore ricambiato.Con questi fiori si può ottenere anche una tintura rossa dovuta agli antociani presenti nei petali, che veniva anche utilizzata dalle donne per truccare labbra e guance. (Fonte: http://tusciaintavola.tusciamedia.com/erbe-spontaneemangerecce/588-papavero-selvatico.html)
Precauzioni nella raccolta. Per la raccolta e il consumo del Papavero dei campi e di tutte le erbe spontanee, sono valide le stesse raccomandazioni fornite nell’articolo Erbe di campo da riscoprire: li cascigne. Il crespigno, buono e salutare e cioè: consumare le piante con moderazione e solo se si è assolutamente sicuri della specie a cui appartiene; in caso di minimo dubbio, astenetersi dal consumo o consultare un esperto. Raccogliere le piante destinate al consumo umano lontano da ogni fonte di inquinamento e contaminazione come industrie, strade, rifiuti, rottami ferrosi, torrenti inquinati, stalle ecc.
LE 12 SPECIE DI PAPAVERO PRESENTI IN ITALIA
In Italia sono spontanee 12 specie di papavero, alcune molto rare o in forte declino per via del massiccio (e sconsiderato) utilizzo di pericolosi diserbanti.
Papavero da oppio (Papaver somniferum) – Coltivato come pianta medicinale, per i semi aromatici e come specie ornamentale. Sub-spontaneo in tutta Italia da 0 a 1500 m. Fiorisce tra maggio e agosto. In Abruzzo: comune in provincia dell’Aquila e di Chieti. I semi di papavero che sempre più spesso troviamo in molte ricette, dolci e panini si ricavano dal papavero da oppio. Del Papavero da oppio, coltivato fino a pochi decenni fa in gran parte d’Abruzzo e che ancora si rinviene con frequenza allo stato spontaneo, avevamo già parlato nell’articolo Papàmbre e papambrone. Usi e curiosità del Papavero da oppio in Abruzzo.
Papavero setoloso (Papaver somniferum subsp. setigerum). Pascoli, muri infestante dei campi coltivati. Comune sulle coste occidentali dalla Liguria alla Calabria, Sicilia, Sardegna e Corsica. Fiorisce tra maggio e giugno. In Abruzzo: segnalato a Cupello e Lentella, lungo la valle del Trigno (CH).
Papavero comune o Rosolaccio (Papaver rhoeas). Infestante i campi di cereali, spesso anche su ruderi e macerie. Comune in tutta Italia da 0 a 1950 m. Fiorisce tra aprile e settembre. In Abruzzo: come detto, un tempo era comunissimo, oggi risente ovunque del massiccio utilizzo di diserbanti nei campi di cereali. Si tratta, pertanto, di una specie comune ma in declino.
Papavero a clava (Papaver dubium). Infestante le colture di cereali. Soprattutto su suoli pesanti, debolmente acidi. Comune in tutta Italia. Fiorisce tra aprile e giugno. In Abruzzo: poco comune, in forte rarefazione per utilizzo dei diserbanti.
Papavero pennatifido (Papaver pinnatifidum). Infestante i coltivati. Riviera ligure, Basilicata a Petrucco, Sicilia, Sardegna, Corsica, Pianosa. Fiorisce tra aprile e maggio. In Abruzzo: assente.
Papavero selvatico (Papaver argemone). Infestante le colture di cereali. Su suoli pesanti, subacidi, nelle zone irrigue. Comune nella pianura lombarda, Piemonte (a N del Pò). Raro in Toscana, Umbria, Sardegna. Fiorisce tra maggio e giugno. In Abruzzo: assente.
Papavero pugliese (Papaver apulum). Colture di cereali. Presente in Italia Meridionale, Sicilia. Raro in Istria, Veronese, Bergamasco. Fiorisce tra aprile e maggio. In Abruzzo: raro, segnalato nel Teramano e in poche altre località.
Papavero spinoso (Papaver hybridum). Infestante le colture di cereali. Presente in tutto il territorio, soprattutto in colli aridi calcicoli. Fiorisce tra maggio e giugno. In Abruzzo: poco comune.
Papavero alpino (Papaver rhaeticum). Ghiaioni e macereti calcicoli, da 1800 a 3020 m.Comune sulle Alpi orientali dalle Giulie alle Grigne. Raro nel resto delle Alpi. Fiorisce tra luglio e agosto. In Abruzzo: assente.
Papavero di Degen (Papaver degenii). Ghiaioni e macereti calcicoli, da 2300 a 2750 m. Fiorisce in agosto. Specie endemica e rara, presente solo sui Sibillini e sul Gran Sasso d’Italia.
Papavero delle Alpi Giulie (Papaver julicum). Ghiaioni e macereti calcicoli, da 1800 a 2600 m. Fiorisce tra luglio e agosto. Specie sub-endemica e rara presente solo sulle Alpi Giulie e in Abruzzo sul Gran Sasso e sulla Majella.
Papavero di Kerner (Papaver kerneri). Ghiaioni e macereti calcicoli, da 1800 a 2400 m. Fiorisce tra luglio e agosto. Specie rarissima presente sulle Alpi Cariche e Cadore. In Abruzzo: assente.
Alla stessa Famiglia, ma ad un Ordine differente, appartiene anche il Papavero giallo (Glaucium flavum), detto anche Papavero delle dune o Papavero cornuto, presente sulle dune costiere, anche abruzzesi e molisane (Pineto, Vasto, Petacciato). In passato i semi di questa pianta si usavano per produrre olio per le lampade e sapone.
Notizie sulla commestibilità dei fiori di Rosolaccio (Papaver roheas). I petali di Rosolaccio, se consumati eccessivamente, possono causare problemi.
Secondo G. Negri infatti: contiene in tutte le sue parti, ma specialmente nel latice, un alcaloide speciale (roedina) legato all’acido meconico e farmacologicamente inattivo. Inoltre, nei fiori, esiste una sostanza colorante speciale (mecocianina) ed una certa quantità di mucillaggine. Sono i petali appunto quelli che vengono utilizzati; essi hanno odore debole, sapore mucillagginoso e vengono raccolti direttamente dal fiore e seccati rapidamente all’ombra. L’infuso ha azione sedativa e bechica, ma, preso in quantità eccessiva, determina nausea, vomito, accompagnati da una leggera reazione febbrile (G. Negri, Nuovo Erbario Figurato, p. 130-131).
Foto da: http://www.weedimages.org/browse/detail.cfm?imgnum=5397848
Articolo di: Ivan Serafini
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