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La valle del Trigno 4 milioni di anni fa. Intervista a Luigi Gentilini sui fossili marini di San Felice del Molise

panopea san felice del molise

GLI IMPRESSIONANTI FOSSILI DELLA VALLE DEL TRIGNO. INTERVISTA A LUIGI GENTILINI

Vi proponiamo l’intervista al Sig. Luigi Gentilini, scopritore dei preziosi fossili marini di San Felice del Molise (CB), esposti alla mostra “Itinerari Inediti – San Felice del Molise tra Natura e Storia” dall’11 al 13 agosto. Gentilini ci ha raccontato come è avvenuta la scoperta, a quali specie appartengono e fa interessanti considerazioni sul valore scientifico e culturale che simile prezioso “giacimento” rappresenta per il nostro territorio. Buona lettura!

Come nasce la sua passione per i fossili?
Risiedo a Belluno, nelle Dolomiti che sono rocce organogene ricche di fossili marini. Fin da giovane, con un gruppo di coetanei guidati da un esperto, amanti della montagna e della natura, abbinavamo il piacere della gita alla ricerca di fossili. Era affascinante trovare un buon reperto e poi pulirlo, analizzarlo, classificarlo, scoprendo così le origini della vita e le meraviglie della sua evoluzione. Conoscere la natura significa penetrare i misteri della creazione, il suo ordine, la sua bellezza, quindi conoscere meglio se stessi.

Ci racconta come è avvenuta la scoperta dei fossili nel territorio di San Felice del Molise?
Correva l’anno 1968 quando scesi a San Felice per sposare una locale, conosciuta nella mia città. Sapendo della mia passione per i fossili, mio suocero mi accompagnò lungo il crinale di Collecannuccio fino alla statale che conduce a Castellerce. Con mia gioia e sorpresa raccolsi un gran numero di modelli interni di molluschi bivalvi e così ogni anno. Dopo averli ripuliti e classificati li usai sia come raccolta personale, sia come “merce di scambio” e inoltre inviai due esemplari (uno per ogni specie) al Museo di Storia Naturale di Milano con cui ero già in contatto per altre ragioni.

Come si presentava l’attuale territorio della Valle del Trigno 4 milioni di anni fa?
Circa 4 milioni di anni fa l’attuale Abruzzo Molise era sommerso dal mare. Forse fuori uscivano le vette della Maiella. La fauna marina fossile presente ci testimonia un mare poco profondo, calmo, e dalle acque a buona temperatura ambiente. La Valle del Trigno era un fondale marino argilloso e sabbioso.

fossili di bivalvi san felice del molise

Bivalvi fossili. San Felice del Molise

A quale era geologica e a quali specie appartengono i fossili da lei rinvenuti?
L’ era geologica in cui vissero le specie tuttora fossili riguarda il cosiddetto periodo Pliocene e le due principali specie affioranti nella lente fossilifera di San felice sono: il modello interno del mollusco bivalve classificato come “Sinodia gigas”: esteticamente elegante, bellissimo ma raro; il modello interno del mollusco bivalve classificato come “ Panopea glycymeris”: reperto tozzo, quasi sempre con una base amputata appartenendo al gruppo di bivalvi perforanti, e molto numeroso nel giacimento.

Si tratta di specie comuni anche in altre aree d’Italia?
Premesso che la Sinodia è considerata un reperto raro, mentre la Panopea abbastanza presente, si riscontra come le due specie sono entrambe presenti nella biogenosi del periodo. La diffusione sul territorio nazionale è limitata a poche zone come la Toscana, ma non nella quantità e qualità del giacimento di San Felice.

Fossili di Panopea glycimeris e della rara Synodia gigas trovate a San Felice del Molise

Fossili di Panopea glycimeris e della rara Sinodia gigas trovate a San Felice del Molise

I fossili di San Felice sono ben noti alla popolazione locale. Ci racconta qualche aneddoto legato alla loro presenza?
Quando venni per la prima volta a San Felice, mio suocero, che conosceva la mia passione per i fossili, mi parlò di certe “pietre” strane lungo la strada di un colle. Nel riferirmi queste notizie era molto imbarazzato, atteggiamento che mi colpì. Poi capii la ragione. Infatti mi ha raccontato che i “giovinastri” di allora (primi decenni del 1900) collocavano queste pietre in senso verticale in punti ben visibili in occasione della processione religiosa annuale che portava il popolo di San Felice alla chiesa del Castello, lungo la strada che attraversava il giacimento. La parte fossile del muscolo adduttore del bivalve era un chiaro richiamo alla genitalità femminile e le ragazze arrossivano sotto lo sguardo divertito dei giovani birichini. Un modo scherzoso di vivere la gioventù in un tempo in cui i discorsi sul sesso erano tabù.
Particolare interessante: porre una Sinodia nel muro di costruzione di una casa significava, in tempi antichi, auspicio per la fertilità della famiglia.

In aree limitrofe possono essere presenti anche altri giacimenti di fossili?
Ne sono sempre stato convinto. Il crinale opposto alla lente fossilifera di Collecannuccio (cioè scendendo sulla strada di Castellerce, attraversando il torrente e salendo sul lato opposto) per logica stratigrafica deve contenere almeno gli stessi reperti fossili. Personalmente non ho mai affrontato quella parte di terreno perché sono stato informato della presenza di serpenti.

Secondo lei gli interessanti giacimenti di fossili nella Valle del Trigno presentano una valenza culturale? Possono rappresentare una attrattiva turistica per appassionati e studiosi?
La Natura, in tutte le sue manifestazioni, oltre che essere bellezza è anche cultura. Non si può amare la propria terra se non si comprendono le origini delle sue caratteristiche. Non si può amare il proprio essere se non si conosce come e perché si sono formati gli aspetti che lo contraddistinguono, con quella lingua, con quegli usi e costumi, con quei tratti artistici così legati alla tradizione.Il patrimonio di una zona è ricchezza per gli abitanti e può diventare di interesse generale per tutti coloro che, venendo a conoscenza del fenomeno, sono spinti dalla curiosità della passione o dalle esigenze di studio.La paleontologia locale ha la stessa dignità e importanza dell’archeologia, ammesso però che venga pubblicizzata.

Luigi Gentilini illustra i fossili alla mostra di San Felice

Luigi Gentilini illustra i fossili alla mostra di San Felice

È possibile conciliare la vocazione agricola del terreno interessato con l’esigenza di tutela di un sito paleontologico? In che modo?
Direi proprio di sì, nel senso che un terreno su cui insiste una lente fossilifera affiorante, va segnalato e protetto. Il Comune, in collaborazione con la Comunità montana, o altro Ente presente su quel territorio che cura la protezione e la valorizzazione dell’ambiente, prenderà atto della destinazione del terreno ad uso agricolo, ma al momento della aratura o della movimentazione del suolo incaricherà gli esperti del settore per visitare i luoghi segnalati e per raccogliere il materiale interessante.
Questo materiale potrà essere oggetto di un piccolo museo in atto un apposito locale, adeguatamente catalogato e reso pubblico attraverso le varie iniziative turistiche e culturali della zona.

In che modo le amministrazioni locali e gli Enti di tutela preposti possono contribuire a valorizzare i fossili di San Felice?
Anzitutto ogni Comune o altro Ente interessato della Valle del Trigno (compreso quindi San Felice) dovrebbe monitorare (mappatura) il proprio territorio dal punto di vista paleontologico. Gli Enti competenti dovrebbero produrre delle “cartine geologiche” in cui siano indicati i luoghi fossiliferi affioranti. Esistono carte geologiche d’Italia pubblicate dal Servizio Geologico Nazionale, ma, per alcune regioni, non vi sono aggiornamenti recenti. Le amministrazioni locali e gli Enti preposti alla tutela dell’ambiente devono considerare questo aspetto naturale locale come una ricchezza di storia e di cultura. È loro dovere raccogliere questi “segni” delle proprie origini e magari insieme a reperti paleoantropologici esistenti in zona (ho personalmente constatato numerosi “oggetti” raccolti in tempi passati perché apparsi strani all’istinto curioso della persona, e dimenticati nelle cantine casalinghe, oggi riconoscibili come oggetti arcaici di una cultura locale primitiva) costituire una preziosa raccolta museale favorendo l’impatto turistico che tali reperti possono suscitare ai non pochi appassionati.

Ringraziamo sinceramente il sig. Gentilini che ha messo a disposizione le sue utili conoscenze e per i suoi preziosi suggerimenti che, ci auguriamo, amministrazioni locali, Enti e residenti riusciranno a cogliere con prontezza.

Articolo di: Ivan Serafini e Nicoletta Radatta
Foto di: Loris Albanese e Daniele Mauro

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