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La “pallecucche”, la misteriosa galla della quercia. Usi, tradizioni e curiosità

galla della quercia pallecucche o cuccavalleAMBIENTE e CULTURA. Camminando nei boschi si incontrano spesso curiose formazioni tondeggianti presenti soprattutto sulle querce. Si tratta della galla della quercia o cecidio. Quando sono secche sono chiamate anche noci di galla.

In Abruzzo meridionale le galle presenti su roverella, cerro o leccio sono note con il termine  “palle cucche” e nel teramano come “coccavalle” (o cuccavalle).

Cosa sono le galle. Erroneamente scambiato  per uno strano “frutto” dell’albero, la galla della quercia è invece una malformazione a carattere escrescente, provocata da insetti imenotteri (Andricus quercuscalicis e Andricus quercustozae). Sono formazioni “tumorali” che possono colpire qualsiasi parte di una pianta. Possono essere causate anche da organismi come batteri, funghi e acari.
Tra gli insetti i principali responsabili delle galle sono i Cinipidi e diversi ditteri di piccoli dimensioni appartenenti alla famiglia dei Cecidomini, termine che significa “creatori di galle”.

Anche altre specie vegetali sono colpite dalle galle. In  particolare sulla rosa canina (Rosa canina) si presenta come una strana formazione ispida chiamata bedeguar e sul lentisco (Pistacia lentiscus) con piccoli rigonfiamenti rossi e reniformi sui lembi fogliari.

La scienza che si occupa dello studio delle galle e degli insetti che le inducono è chiamata cecidologia, dal termine cecidio (galla) che deriva dal greco Kekis.

Come si formano. La pianta reagisce alle sostanze chimiche che i parassiti iniettano nei tessuti e che inducono le cellule vegetali ad ingrandirsi e a riprodursi rapidamente, formando le escrescenze.
A volte la causa delle galle sono le femmine che iniettano sostanze mutogene mentre depongono le uova. A seconda del tipo di specie parassita ogni galla può contenere una sola o diverse larve. Le galle proteggono la larva in via di sviluppo e la nutrono fino all’involo dell’insetto. Osservando attentamente una galla secca si notano i piccoli fori da cui è fuoriuscito l’insetto giunto a maturità.

Il mistero della formazione delle galle. Restano ancora sconosciuti alla scienza il ruolo delle sostanze chimiche e i meccanismi che regolano la formazione delle galle. “L’unica cosa certa è che nella cecidogenesi entrano in gioco gli ormoni vegetali della crescita come auxine e gibberelline. Ma è la pianta stessa che li produce dopo essere stata stimolata dal parassita, oppure è l’animale stesso che produce sostanze simili ad ormoni vegetali?

Esistono una o più sostanze sintetizzate dal parassita unicamente allo scopo di indurre la galla al momento opportuno, oppure è la semplice composizione chimica della saliva o del veleno di una particolare specie ad innescare tutto il processo?

Ed infine l’interrogativo più interessante che nasce da un’osservazione evidente: forma, colori e aspetto della galla sono strettamente specie-specifici. Questo vuol dire che la stessa pianta, produce galle diversissime se stimolata da organismi di specie diverse: chi detiene l’informazione specifica per la formazione di un tipo di galla piuttosto che un altro? La pianta o l’animale? Entrambi?

In altre parole: la specie parassita potrebbe iniettare delle sostanze che inducono l’espressione di particolari geni della pianta e/o l’inibizione di altri. In questo caso le “istruzioni” per la costruzione della galla sarebbero già presenti nel DNA della pianta e le sostanze dell’animale sarebbero, per usare una metafora, le “dita” che vanno ad azionare specifici “interruttori” nel genoma vegetale.

Oppure il “direttore dei lavori” potrebbe essere il parassita, che guiderebbe passo per passo la trasformazione dei tessuti, con sostanze specifiche che interferiscono direttamente con il metabolismo vegetale, eludendo la via genetica. O infine, si potrebbe addirittura ipotizzare il trasferimento di materiale genetico dall’animale alla pianta: come se venisse consegnato un progetto ad un’impresa esterna ed affidato a questa il compito di reperire il materiale e di assemblarlo nel giusto modo”. (Fonte: http://www.formedivita.it/2010/10/le-galle-delle-querce/)

Forse dall’osservazione e dallo studio dei meccanismi che regolano la formazione di questi “tumori”, potranno venire importanti risposte scientifiche.

Origine del nome dialettale. Molto probabilmente anche i termini dialettali abruzzesi “palle cucche” e “cucca valle” derivano dalla traslitterazione del termine greco “kekis”. Secondo il linguista Pietro Maccallini, “si tratta, almeno relativamente dell’elemento cucca, di antichissima radice cosiddetta mediterranea che può risalire al Neolitico o addirittura al Paleolitico e che ricompare anche nei ben noti termini dialettali cùccuma, cùcuma ‘pentola, casseruola’, i cui significati rientrano nel concetto di ‘cavità’, speculare di quello di rotondità”. Stessa origine, tra l’altro del termine Caccavone, che nel vastese, nel Molise e in altre località meridionali denomina numerosi monti dalla forma arrotondata a forma di kakkabus, il paiolo sannita utilizzato per la bollitura del latte.

Utilizzi. Sin dall’antichità le galle sono state largamente usate nella tintura, per fabbricare inchiostri e nella concia delle pelli, ma anche in medicina per via delle loro proprietà astringenti. In alcuni paesi, come la Turchia, ancora oggi si utilizzano le noci di galla per la colorazione vegetale dei tappeti.

Nelle noci di galla è comune la presenza di acido gallico o acido 3,4,5-tri-idrossibenzoico, che può essere presente allo stato libero o più spesso combinato sotto forma di glucoside o di tannino.  Le soluzioni acquose di acido gallico si ossidano rapidamente all’aria acquistando colore bruno. Per trattamento con cloruro ferrico l’acido gallico forma un precipitato nero-azzurro,  reazione sfruttata per la preparazione degli inchiostri e di antiossidanti per lo sviluppo fotografico. In analisi chimica è usato come reattivo per la ricerca degli alcaloidi. In medicina, alcuni derivati dell’acido gallico, vengono adoperati come antisettici succedanei dello iodoformio.

Giochi del passato. Sino ad un recente passato dalla “palle chucce” si ricavavano anche “pipe” utilizzate per un simpatico gioco. Tagliata alla sommità, la galla veniva svuotata del materiale ligneo interno e forata lateralmente. Nel foro si inseriva una piccola cannuccia, in modo tale da formare una piccola pipa. I ragazzi vi soffiavano dentro, tenendo in sospensione nell’aria una pallina (di solito un’altra piccola galla) che facevano abilmente roteare. La divertente competizione tra i giocatori era vinta da chi riusciva a tenere in aria la galla per più tempo senza farla cadere.

Questo  gioco che richiede una certa abilità manuale anche nella costruzione, si potrebbe insegnare anche ai bambini di oggi, che si stancano troppo presto dei costosi giochi appena acquistati…

Articolo di: Ivan Serafini – Foto: http://www.formedivita.it/

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